Biondillo racconta Pasolini: sul corpo della città

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di Carlo Rotondo

Al termine del secondo conflitto mondiale l’Italia era un Paese devastato dalle macerie e caratterizzato da una massa di sfollati e di profughi di varia provenienza che premeva sulle grandi città.

La Ricostruzione riuscì nell’intento di aumentare l’offerta di case e favorì oltretutto la ripresa economica e occupazionale, ma l’approccio emergenziale e la decretazione d’urgenza che puntava a velocizzare le procedure burocratiche e a semplificare gli iter autorizzativi impedì di considerare le specificità topografiche dei luoghi interessati dagli interventi a favore di un modello di edilizia standardizzata che usava materiali scadenti, in zone decentrate, prive di servizi e di spazi pubblici.

Roma, via Sistina, 2021 – Foto di Valeria Palumbo

Tale modello non generò comunità, bensì quartieri dormitorio privi di un’anima, di una storia, oltre che di un’estetica coerente con la cultura locale, che favorisse l’integrazione e l’identificazione degli abitanti.

È esemplare in questo il racconto reso da Gianfranco Rosi nel film Le mani sulla città, nel quale denuncia le manovre speculative di emergenti affaristi e il patto illegale stabilito con la classe politica per spartirsi i benefici economici conseguenti e realizzare Piani Regolatori scellerati.

Pier Paolo Pasolini fu tra gli intellettuali dell’epoca quello che prese più a cuore questo tema fino a renderlo cardine centrale della sua poetica; nella sua poliedrica e smisurata produzione artistica e giornalistica denunciò la trasformazione in atto e testimoniò l’universo umano che ruotava intorno agli ambienti degradati delle periferie romane.

Il libro di Gianni Biondillo, Pasolini- Il corpo della città (Guanda), riedizione di un testo scritto vent’anni fa, ma non per questo meno attuale e convincente adesso, passa in rassegna l’opera di Pasolini e ne traccia un profilo a partire dalla cementificazione delle borgate, rivisitazione borghese di un intervento già iniziato sotto il fascismo: “palazzoni nuovi, scuri e grandi come monti, pieni di finestrelle, con tanti cortiletti, ingressi e scale che toglievano il sole alle altre casette ch’erano rimaste intorno e ai lotti, gialli come la fame”; un ripetersi ossessivo di uno stesso motivo architettonico che richiama le caserme, le prigioni. E la borgata è al tempo stesso luogo depositario della cultura pre – borghese e spazio privilegiato per l’osservazione del cambiamento in atto i cui attori sono alla ricerca di un nuovo status identitario; Anna Magnani di Mamma Roma ambisce alla scalata sociale, rappresentata dall’appartamento del Piano INA-Casa a cui aspira, ma il prezzo da pagare è la perdita della sua identità, resa plasticamente dal sacrifico del figlio.

Nei suoi romanzi, nelle poesie, nei film, i personaggi di Pasolini, vivono la strada, sono costantemente in movimento, nomadi, in pellegrinaggio verso non si sa dove, orfani delle loro radici. Ciò che raccontano i loro occhi è uno spazio urbano in divenire, campi sterminati ai margini della città minacciati dalle nuove costruzioni, cantieri che preannunciano la modernità. In Uccellacci e Uccellini, Totò e Ninetto vagano fra cave, viadotti e terreni incolti per contrassegnare, come usano gli animali, l’area di appartenenza e acquisire una nuova consapevolezza, sferzati dal corvo-Pasolini che li pungola ironicamente, incredulo del loro destino.

Garbatella, 2022 – Foto di Valeria Palumbo.

Il percorso intrapreso da Pasolini si sviluppa nel tempo in chiave paesaggistica e la sua battaglia sarà allora a difesa dei centri storici, del profilo e della forma della città da salvaguardare e proteggere.

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