1943-1945: così conquistammo la libertà

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E Fummo liberi (1943-1945): per la collana Il teatro della storia, di Sandro Teti editore, esce il reading teatrale scritto da Valeria Palumbo sui due anni cruciali della storia italiana del Novecento. Il reading è stato voluto dall’Istituto lombardo di storia contemporanea e nasce da due distinte ricerche: una sui partigiani e le partigiane ricordati nelle lapidi della zona a Nord-Est di Milano, con l’aiuto della Fondazione Memoria della deportazione. La seconda negli archivi della Rcs e in particolare de L’Europeo che, negli anni Sessanta, dedicò molti articoli alla ricostruzione della Liberazione. Per gentile concessione dell’editore e dell’Istituto ne anticipiamo una pagina

copertina del libro di Valeria Palumbo E fummo liberi, Sandro Teti editore

copertina del libro di Valeria Palumbo E fummo liberi, Sandro Teti editore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(…) B: Elio Vittorini entrò al Corriere della Sera la sera del
25 aprile 1945, durante il coprifuoco. Si faceva chiamare
Giovanni Roda, portava i baffi e in un cassetto aveva
il manoscritto proprio di Uomini e no, scritto l’anno
prima, in una pausa dal suo lavoro di agitatore politico.
C: Qualche giorno prima, tornando con il treno da Firenze,
dove era andato per organizzare uno sciopero,
Vittorini s’accorse di essere pedinato da due tipi. Giunto
alla stazione di Rogoredo, finse di scendere: e quelli,
giù. Ma senza di lui.
D: Vittorini scese invece a Lambrate.
E: Così, nel 1962, Marco Nozza avrebbe ricostruito
quel momento per il settimanale L’Europeo:
A: Alle nove di sera del 25 aprile, Vittorini giunse in
via Solferino con lo schema del nuovo l’Unità in tasca.
Ma c’era così tanta confusione nelle cantine della tipografia
che il comitato redazionale decise di far uscire
il giornale con il formato che aveva avuto nel periodo clandestino.

B: Nello stesso Corriere, quella notte, venne stampato
anche l’Avanti!. Guido Mazzali, che ne era uno dei giornalisti,
Renato Carli Ballola, che poi ne sarebbe stato
direttore, e Luigi Comencini arrivarono in via Solferino
con tre biciclette. Raccontò poi Ballola:
C: «Avemmo qualche problema perché gli operai del
Cln del Corriere, non conoscendo né me né Mazzali,
non volevano farci entrare. Poi arrivò anche Elio Vittorini
con i suoi. A noi sembrarono tanti; avevano persino
le macchine da scrivere».
D: «Nessuno di noi era un vero giornalista» avrebbe poi
ammesso Vittorini.

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