Del naturale sperimentalismo di Sergio Toppi
Nel fumetto, l’Italia vanta oggi maestri di grande livello, ai quali vengono tributati notevoli riconoscimenti internazionali. Notissimi, per esempio, Milo Manara o Vittorio Giardino, Paolo Eleuteri Serpieri e vari altri, tutti ascrivibili a quello che un tempo si definiva “fumetto d’autore”. Sono autori giunti al loro massimo livello professionale negli scorsi anni Ottanta. In precedenza, a fare da rompighiaccio in questo settore, ce ne furono espressamente quattro, i quali rispetto a vari altri di pur encomiabile livello (per esempio un Gino D’Antonio o un Guido Buzzelli o un Giorgio Trevisan, o un Gianni De Luca, per non citarne che una manciata) emersero in maniera evidente. Alludo a Dino Battaglia, Guido Crepax e Hugo Pratt, e insieme a loro Sergio Toppi. Il quale però, a mio modesto avviso, fu tra loro il più significativo. Non a caso, del resto, e più avanti cercherò di argomentare le mie ragioni.
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