Se i fumetti svelano “l’orrido” della guerra

Fumetto e cinema, in evidenza • Visualizzazioni: 2720

Si può raccontare a fumetti l’antifascismo senza medaglie, quello spontaneo dei nonni che se la vedono in Istria con il razzismo dei fascisti verso gli sloveni, poi con le foibe dei titini, che poi scappano verso l’Appennino modenese, dove li aspettano la linea gotica, i tedeschi, le bombe americane?

È quello che ha fatto in Orrido famigliare (Pop edizioni)Giorgio Franzaroli, già autore per “Frigidaire”, “l’Unità”, “Linus” e oggi per “Il Fatto Quotidiano”. Si tratta del suo primo romanzo a fumetti. Qui, in occasione della presentazione del libro a Milano, il 24 ottobre, ci racconta il perché di questa scelta, anticipandoci un brano tratto dall’introduzione 

La copertina di Orrido famigliare

di Giorgio Franzaroli

È una storia vera. È solo una delle tante vicende vissute dalla mia famiglia. Vicende che, raccontate oggi, sembrano incredibili, frutto dell’immaginazione, materiale buono per scriverci sopra – appunto – un romanzo.

Ma solo qualche decennio fa era normale vivere a stretto contatto con la morte e, mi si perdoni il gioco di parole, lo era fin dalla nascita, non solo in tempo di guerra. Anche nel periodo post-bellico, a cui sarebbe seguito il boom economico degli anni Sessanta, la mortalità infantile era alta, si moriva di setticemia, di polmonite, di malattie infettive come l’asiatica, tra le macerie delle città e dei paesi distrutti, nell’analfabetismo diffuso e nella miseria, che obbligava un gran numero di persone a non potersi permettere neppure un medico.

Ho cominciato a disegnare questa storia cinque anni fa, perché le storie di guerra che mi raccontava mia nonna (e mio padre, successivamente) non finissero nell’oblio, e perché mi sembrava utile integrare il vissuto di persone comuni con la Storia, anche per fare emergere eventi drammatici poco conosciuti grazie alle omissioni mirate della propaganda fascista.

Ma al mio iniziale entusiasmo è subentrato gradualmente un senso di disagio. La mia impostazione da vignettista satirico mi poneva in conflitto con gli strumenti che ritenevo necessari per poter disegnare una storia così complessa e drammatica. L’impronta umoristica emergeva qua e là, per poi degenerare in atmosfere lugubri. Temevo di contaminare la narrazione e confondere il lettore.

Come dicevo spesso ad amici e colleghi, questo fumetto era cominciato con i toni delle Sturmtruppen di Bonvi per poi prendere una piega alla Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini. Quindi ho deciso di sospendere il lavoro, quando ero arrivato praticamente a oltre metà dell’opera, nell’attesa di trovare il giusto registro per la narrazione. (…)

Tutti diventiamo vecchi, ma forse quelli che ci siamo lasciati indietro sono stati gli ultimi ad avere la consapevolezza che riuscire a invecchiare non è facile né scontato. Il libro è dedicato a loro, e mi piacerebbe che per le nuove generazioni possa diventare uno stimolo a esplorare la vita delle persone che ci hanno preceduto.

Senza avere paura di quello che potrebbero trovare.

Perché certi orridi possono essere bellissimi.

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