Mahamat: volevo solo vivere in un Paese in pace

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Mahamat Kochei è originario del Ciad, ha 33 anni, di cui più di 25 trascorsi tra il campo profughi di Gouré, nella regione di Zinder in Niger, riconosciuta come una zona di importanti flussi migratori di cui una parte significativa è composta da donne e bambini e il campo di hamdoulilah a Niamey, la capitale del Niger.

La famiglia era fuggita dal Ciad nel 1990, a causa della guerra, in un territorio infestato ancora oggi dal terrorismo islamico, in particolare dal gruppo terrorista Boko Haram e dalle bande armate. Mahamat cresce e riesce pure a studiare ma, a un certo punto della sua vita, si rende conto che per lui, all’interno di un campo profughi, non potrà mai esserci futuro.

Soprattutto vuole fuggire da territori in guerra perenne, da violenze e povertà estrema. Motivazioni che i nostri governanti attuali pare si rifiutino di comprendere. Così egli decide di tentare la sorte e parte verso la Libia, con l’intenzione di arrivare in Europa.

Il viaggio è lungo, attraverso zone desertiche e, soprattutto, le milizie libiche non fanno sconti a chi prova a entrare nel Paese. Decine di testimonianze dei sopravvissuti raccontano violenze indicibili: “Nelle foto sui telefonini ti fanno vedere i segni delle torture, i corpi martoriati e mutilati, due decapitati, decine di corpi bruciati” 

Mahamat non raggiunge il mare: viene arrestato dai libici, vede compagni morire durante il tragitto, ma riesce a tornare indietro. Decide di riprovarci una seconda volta.

Questa volta arriva fino all’agognata costa del Mediterraneo, sempre in Libia, ma non riesce a trovare posto sul barcone assegnato. In seguito saprà che quell’imbarcazione di fortuna, come tante altre, era affondata con tutto il suo carico.

Tornato al campo profughi in Niger, un giorno Mahamat viene a sapere, quasi incredulo, che è possibile raggiungere l’Italia in modo legale, attraverso il cosiddetto canale umanitario. Fa richiesta, attende e, grazie alla Caritas e alla Comunità di Sant’Egidio, il 23 giugno 2021 sbarca insieme ad altri profughi africani all’aeroporto di Fiumicino, con lo status di rifugiato sotto l’egida della protezione internazionale.

Un viaggio in sicurezza e nella legalità, come dovrebbe essere per tutti coloro che fuggono da guerre, dittature, terrorismo e miseria estrema. Il giovane, che già parla diverse lingue africane, il francese e l’inglese, chiede subito asilo politico al nostro Paese. segue un corso di lingua italiana e impara la nostra lingua in meno di un anno.

A Crema, la città che gli è stata assegnata, segue un tirocinio con la Caritas di sei mesi e, quindi, firma un contratto come mediatore culturale per l’Arca, importante Fondazione Onlus che da anni aiuta persone povere e senza legami costrette a vivere in strada, famiglie che hanno perso la casa e anziani senza una protezione, ragazzi in fuga da guerre e povertà.

Proprio verso questi ultimi, i Minori stranieri non accompagnati (MSNA), Mahamat rivolge le sue cure e il suo lavoro di mediatore. Ne ha già affiancati e accompagnati in un percorso di integrazione più di 200 e questo lo rende felice.

Ascoltiamo la sua storia in questa intervista, del 16 marzo 2023, condotta da Simone Campanozzi, responsabile della sezione didattica dell’Istituto lombardo di storia contemporanea (istituto@ilscmilano.it)

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