Giornaliste e pubbliciste
In questa sezione vengono riportate brevi biografie di giornaliste e pubbliciste italiane che, attraverso gli scritti, la militanza politico-sociale o i comportamenti, hanno contribuito a diffondere nell’opinione pubblica l’idea dell’importanza del ruolo delle donne nella società civile. A corredo vengono riportati scritti autobiografici e una piccola bibliografia delle protagoniste.
Come strumento di consultazione e repertorio bio-bibliografico si rinvia a: Donne del giornalismo italiano, da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi, Dizionario storico bio-bibliografico, Secoli XVIII-XX, a cura di Laura Pisano, Milano, Franco Angeli, 2004.
Scritti autobiografici: Memorie malvage, Venezia, Marsilio, l976.
Bibliografia: Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, E dicono che siamo poche…Scrittrici italiane dell’ultimo Novecento, di N. De Giovanni, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 2003.
Bibliografia: R. Cavagnaro, F. Fracassi, G. Grasso, Ilaria Alpi. Vita e morte di una giornalista, supplemento al n. 10 di “Avvenimenti”, 1995; B. Carazzolo, A. Chiara, L. Scalettari, Ilaria Alpi. Un omicidio al crocevia dei traffici, Milano, Baldini e Castoldi, 2002; G. e L. Alpi, M. Gritta Grainer, M. Torrealta, L’esecuzione. Inchiesta sull’uccisione di Ilaria Alpi e Milam Hrovatin, Milano, Kaos edizioni, 1999.
Scritti autobiografici: La mia vita, ricordi autobiografici, Roma-Milano, Società Dante Alighieri di Albrighi – Segati e C, 1904; Scintille nell’ombra. Dagli appunti di una giornalista, Rocca San Casciano, Cappelli, 1910.
Bibliografia: Enciclopedia biografica e bibliografica italiana. Poetesse e scrittrici, serie VI a cura di M. Bandini Buti, Roma, Tosi, 1941-42; M. De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992.
Bibliografia: In memoria di Angelica Balabanoff: 1869-1965, a cura del movimento femminile socialdemocratico, Roma, 1966; F. Andreucci, T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, Roma, Editori Riuniti, 1975; D. Annaratone, Due rivoluzionarie russe in Italia: Anna Kuliscioff e Angelica Balabanoff, Milano, Libreria Cupl, 2003.
Scritti autobiografici: Barzini, Barzini, Barzini, Milano, Rizzoli, 1986.
Nota con lo pseudonimo di Contessa Lara.
Dal padre scozzeze apprese le lingue straniere e dalla madre l’amore per la musica. Ebbe come insegnante di italiano la poetessa Marianna Giarrè Billi, amica di molti intellettuali dell’epoca. Nel 1867 esordì con la raccolta di poesie Canti e ghirlande. Nel 1871 sposò Eugenio Mancini, figlio del ministro Stanislao dal quale si separò dopo che questi aveva ucciso in duello il suo amante. Visse poveramente a Firenze per qualche tempo, finchè non fu riaccolta dalla famiglia e potè ancora tornare a frequentare i salotti fiorentini e pubblicare nuove raccolte di scritti. Nel 1885 collaborò alla rivista “Nabab” dove conobbe un giovane siciliano che le diede la serenità per scrivere la maggior parte delle sue opere in prosa. Aprì un salotto a Roma frequentato da musicisti, scultori, pittori, letterati. Intensa fu la sua collaborazione con numerose riviste e giornali, fra i quali se ne ricordano alcuni: “Fieramosca”, “Il Fanfulla della Domenica”, Natura ed arte”, “Il Caffaro” di Genova, “Il Corriere di Roma”, “L’Illustrazione Italiana”, “Tribuna illustrata” nella quale teneva una fortunata rubrica titolata Cronaca familiare. Cessata la relazione con il giovane siciliano, ne iniziò un’altra con un giovane pittore collaboratore della rivista “Vita italiana”, sulla quale la scrittrice teneva una rubrica di moda. Dopo poco tempo i rapporti tra i due degenerarono a tal punto che il convivente la uccise a colpi di pistola.Scritti autobiografici: Storie d’amore e di dolore, Milano, Casa Editrice Galli, 1893; Lettere intime (1887-1896), Roma, Tip. della Camera dei Deputati, 1897.Bibliografia: Francesco Mazzei, Una donna in fiamme, storia della Contessa Lara, Milano, Camunia, 1988; Maria Borgese, La contessa Lara. Una vita di passione e di poesia nell’Ottocento italiano, Milano, Treves, 1930; Benedetto Croce, La Contessa Lara –Annie Vivanti, in La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, II, Bari, Laterza, 1943.
Dopo la laurea in lettere, esordì nel 1938 sul quotidiano l’”Ambrosiano”. Dal 1945 al 1955 fu redattrice del settimanale l’“Europeo”. Dal 1956 al 1981 lavorò all’”Espresso” divenendone uno degli inviati di punta; la sua rubrica di costume Il lato debole ebbe un grandissimo successo. Ai servizi politici alternava corrosive cronache mondane, che suscitarono grande scalpore. Dalle colonne dell’”Espresso” iniziò nel 1975 una accanita campagna scandalistica contro il presidente della repubblica Giovanni Leone, contribuendo alle sue dimissioni. Un decennio dopo Giovanni Leone sarà riconosciuto estraneo a tutte le insinuazioni sul suo conto. In seguito collaborò con la rivista “Panorama”.Tra le sue opere: Pinelli, una finestra sulla strage del 1971; Giovanni Leone. La carriera di un presidente, del 1978; Casa nostra, del 1983, Vicino e distante, del 1984.Scritti autobiografici: Camilla Cederna, Grazia Cherchi, Silvana Ottieri, Il mondo di Camilla, Milano, Feltrinelli, 1980.
Bibliografia: M. Ceratto, Il Chi è? Delle donne italiane 1945-1982, Milano, Mondadori, 1982; Eugenio Marcucci, Gaetano Afeltra, Giornalisti grandi firme, Soveria Mannelli,Rubbettino editore, 2005.
Nata a Roma da padre cubano e madre italiana, si affermò nel 1938 con il romanzo Nessuno torna indietro, nel quale il personaggio femminile viene delineato come una donna mentalmente autonoma e non disposta ad essere sottomessa. Pur continuando a scrivere ancora romanzi, la maggiore e più intensa attività fu quella di giornalista e pubblicista. Dopo l’8 settembre 1943 collaborò alla radio partigiana di Bari, quindi nel 1944 fondò e diresse la rivista culturale “Mercurio”alla quale collaborarono Moravia, Heminguay, Bontempelli, Sibilla Aleramo. Alla chisura del “Mercurio”, nel 1948 iniziò a collaborare con “Epoca” tenendo la rubrica Dalla parte di lei, successivamente ebbe collaborazioni anche con “La Stampa” di Torino.Scritti autobiografici: Il diario di Alba De Cespedes, conservato, insieme a tutto l’archivio personale, all’Unione femminile nazionale, presso gli Archivi riuniti delle donne di Milano.Bibliografia: Dizionario della letteratura italiana del Novecento, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1992; Alba De Caspedes, a cura di Marina Zancan, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2001.
Figlia di un nobile portoghese residente a Roma, nel 1760 si trasferì a Napoli. Grazie allo zio abate ebbe l’opportunità di frequentare i salotti intellettualmente più stimolanti della capitale partenopea. A sedici anni entrò nell’Accademia dei Filaleti, poi nell’Arcadia con lo pseudonimo di Altidora Esperetusa. Con il passare degli anni estese le sue conoscenze alle scienze matematiche, fisiche, naturali, interessandosi in particolare di diritto ed economia. Allo scoppio della rivoluzione francese si schierò dalla parte giacobina, scelta nel 1798 che le costò l’arresto. Con la proclamazione della Repubblica Partenopea fu liberata e le fu affidato l’incarico di dirigere il bisettimanale “Monitore napoletano”, che divenne presto un organo della lotta rovoluzionaria. Schierata sempre dalla parte del popolo, propose al governo della repubblica una gazzetta in lingua vernacola, progetto fallito perchè l’8 giugno del 1799 il ”Monitore”, dopo 35 numeri, fu costretto a cessare le pubblicazioni per il rientro dei Borboni. La Pimentel fu arrestata e condannata a morte: venne giustiziata il 17 agosto 1799.Bibliografia: Annarita Buttafuoco, Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione, in Nuova DWF, n. 3 (apr-giu), Roma, 1977, pp. 51-92; Bice Gurgo, Eleonora de Fonseca Pimentel, Napoli, Coop. Editrice Libraria; B. Croce, La Rivoluzione napoletana del 1799, biografie, racconti e ricerche, Bari, Laterza, 1948; M.A. Macciocchi, Cara Eleonora. Passione e morte della Fonseca Pimentel nella rivoluzione napoletana, Milano, Rizzoli, 1996.
Scrittrice autodidatta, si formò leggendo i romanzi d’appendice e la tarda narrativa romantica. . Esordì nel 1894 con racconti d’amore e di vendetta, mentre il suo primo romanzo, La via del male, vide la luce nel 1896. Nel 1900, dopo il matrimonio, si trasferì a Roma dove visse il resto della sua vita. Il suo capolavoro viene considerato il romanzo di ambientazione sarda Elias Portolu del 1903. Romanzi successivi che abbero molto successo furono Cenere del 1904, L’edera del 1906, Colombi e sparvieri del 1912, Canne al vento del 1913, Il paese del vento del 1931. Grazie alla traduzione dei suoi romanzi in diverse lingue, Grazia Deledda raggiunse una fama internazionale, tanto che nel 1926 le fu assegnato il premio Nobel per la letteratura.
Fu una assidua collaboratrice di riviste e giornali, fra cui si ricordano: “La Giovane Penna”, “La Piccola Rivista”, “Vita Nuova”, “Vita Sarda”, “Nella terra dei Nuraghes”, “La Sardegna”, “L’Unione Sarda”. Nei giornali raccontò con grande passione gli aspetti della vita sociale sarda sottolineandone gli aspetti “arcaici” come vendette, faide, banditismo, e facendone risaltare i momenti di anarchia e ribellione, contrapposti a altri di biblica rassegnazione.Scritti autobiografici: Cosima, Milano, Fratelli Treves, 1937.Bibliografia: F. Sini, Il “chi è?” delle donne sarde, Sassari, Edes, 2000; N. De Giovanni, Artemide sulla soglia. Donne e letteratura in Italia, Roma, Demian edizioni, 1994; M. P. Masala, Grazia deledda, ragione e sentimento, in “L’Unione Sarda”, 11 agosto 1996.
Dalla nativa Sardegna, nel 1913 si trasferì a Roma in seguito all’elezione a deputato del padre Francesco. Nel 1927 entrò nella Compagnia di San Paolo di Milano, ordine religioso dedito alle opere sociali. Nel 1936 venne accolta nell’ordine benedettino come monaca di clausura con il nome di Maria Giovanna. La vita monastica non le impedì di intraprenderela via del giornalismo collaborando a numerosi giornali e riviste, tra cui: “La Festa”, “Fiorita”, “Cuore e mente”, “L’Avvenire d’Italia”, “Osservatore romano”. Fondò un monastero prima in Sardegna, poi nello Sri Lanka e America del Sud.Scritti biografici: Lettere agli amici, Brescia, Morcelliana, 1985.Bibliografia: M. Gastaldi, Donne luce d’Italia, Pistoia, Ed. Grazzini, 1930; Annuario della stampa italiana 1933-34, Roma, a cura del Sindacato nazionale fascista dei giornalisti, 1934; E. Fenu, La rosa tra le mani, Milano, Istituto di Propaganda libraria, 1937; R. Bonu, Peppina Dore in Scrittori sardi nati nelsecolo XIX, Sassari, Gallizzi, 1961; Maria Marta Morganti, Maria Giovanna Dore, Brescia, Morcelliana, 2001;
Più nota con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo.Scrittrice e poetessa, si affermò nel 1906 con un coraggioso romanzo femminista “Una donna”, subito tradotto nelle principali lingue europee. Seccessivamente, per molti anni, si occupò dei tanti problemi che affliggevano le popolazioni dell’agro romano. Fondò, insieme a Giovanni Cena, un’ottantina di asili e scuole ove svolse una intensa opera di apostolato sociale. Frequentò numerosi uomini di cultura, tra questi si ricordano Vincenzo Cardarelli, Giovanni Papini, Umberto Boccioni, Salvatore Quasimodo. Nel 1916 conobbe il poeta Dino Campana con il quale ebbe un rapporto amoroso molto tormentato, come testimonia il loro carteggio, pubblicato nel 1958 con il titolo “Lettere”. Scrisse alcune opere di ispirazione dannunziana, fra cui “Amo, dunque sono” del1927 e “Il frustino” del 1932; espresse però la sua vocazione autobiografica in poesie (Selva d’amore, 1947), e in prose poetiche (Andando e stando del 1921, Orsa minore del 1938, ecc). I lavori degli anni successivi furono invece ispirati a un approfondito impegno morale e sociale di influenza marxista. Nel campo giornalistico ha collaborato all’”Unità” e a “Noi donne”.Scritti autobiografici: Una donna, Milano, Universale economica Feltrinelli, 1999; Il frustino, Milano, Mondadori, 1932; Dal mio diario, Roma, Editore Luminelli, 1954; Diario di una donna, Milano, Feltrinelli, 1978; Sibilla Aleramo, Dino Campana, Un viaggio chiamato amore: lettere 1916-1918, a cura di Bruna Conti, Milano, Feltrinelli, 2000.
Bibliografia: M. Gadelstaldi, Donne, luce d’Italia, Pistoia, Grazzini, 1930; Chi è? Dizionario biografico degli italiani d’oggi, Roma, Cenacolo, 1940; Bruna Conti, Alba Morino, Sibilla Aleramo e il suo tempo: vita raccontata e illustrata, Milano, Feltrinelli, 1981; P. Serusi, Le profezie di Sibilla Aleramo, in l’”Unione Sarda”, 31 maggio 1998.
Il padre, Edoardo, fu un attivo antifascista tanto da coinvolgere la figlia, che allora aveva solo quattordici anni, come staffetta nella Resistenza. A diciassette anni iniziò a collaborare in un giornale fiorentino. Dopo la maturità classica si iscrisse a medicina, ma abbandonò presto gli studi perché attratta dall’attività giornalistica. Esordì al “Mattino dell’Italia centrale”, poi, essendosi trasferita a Milano, collaborò con “Epoca”. Nel 1951 scrisse il suo primo articolo per l’”Europeo”, giornale al quale collaborò per parecchi anni occupandosi di modernità, mondanità e cronaca nera. Per conto del giornale girò il mondo intero intervistando i più importanti personaggi presenti allora sulla scena mondiale. Alcune di queste interviste sono raccolte nel libro Intervista con la storia del 1974. Nel 1975, insieme al suo compagno Alekos Panagulis, indagò sulla morte di Pier Paolo Pasolini e scrisse per prima circa i risvolti politici di quella morte. Fu un apprezzato inviato di guerra in Vietnam; l’ultima sua missione fu quella di seguire il contingente italiano in Libano. Scrisse numerosi libri aventi come oggetto la sua Scrisse numerosi libri di successo fra cui: I sette peccati di Hollywood del 1959, Il sesso inutile del 1961, Niente e così sia del 1969, Lettera a un bambino mai nato del 1975, Un uomo del 1979, Insciallah del 1990, La forza della ragione del 2004, Un cappello pieno di ciliege del 2008.Scritti autobiografici: Un uomo, Milano, Rizzoli, 1979, Oriana Fallaci intervista sé stessa: L’Apocalisse, Milano, Rizzoli, 2005.Bibliografia: Daniele Di Pace, Riccardo Mazzoni, Con oriana, Le lettere, 2009; Aldo Santini, Lavorando con l’Oriana Fallaci, Debatte, 2006.
Il padre, mercante benestante, le fece dare una istruzione classica e una fine educazione musicale. Nel 1883 sposa il direttore d’orchestra Ettore Martini dal quale ebbe quattro figli. Il matrimonio non fu felice tanto da essere costretta a chiedere la separazione. Il marito le portò via tre figli, non le riconobbe il sostentamento economico, come non le consnetì di alienare i propri beni. Questa dolorosa situazione la indurrà ad iniziare una fervente e continua lotta per l’introduzione di una legge che permetta il divorzio. Raccontò la sua vicenda personale nel volume edito nel 1902 Avanti il divorzio. Alla fine del secolo si trasferì a Firenze, dove aderì al movimento femminista, riuscendo ad affermarsi nel campo della letteratura femminile e intraprendendo anche una intensa attività giornalistica colloborando a “La Nuova Antologia”. Trasferitasi a Milano, continuò nel suo impegno nelle lotte per l’emancipazione femminile. Instaurò collaborazioni con riviste e giornali importanti come: “Natura ed arte”, “Varietà”, “La Nazione”, “Emporium”, l’”Alleanza”, l’”Almanacco della donna italiana”, e “Il Popolo d’Italia” sul quale firmava con lo pseudonimo di Dal Monte. Diresse il periodico “L’Appello” e collaborò anche con il “Corriere dei piccoli” con lo pseudonimo di Nonna Anna.Scritti autobiografici: Avanti il divorzio, Milano-Palermo-Napoli, Sandron, 1902; Il figlio alla guerra, Milano, Milano, Treves, 1917; La mia vita Milano, Garzanti 1940.Bibliografia: C. Villani, Stelle femminili. Indice storico bio-bibliografico, Napoli, Aldina, 1915; Chi è? Dizionario biografico degli italiani d’oggi, Roma, Scarano, 1957; A. M. Isastia, Franchi Anna, in Italiane, a cura di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia, Roma, Edizioni del Poligrafico dello Stato, 2004.
Natalia si formò intellettualmente a Torino, dove la famiglia si era trasferita da Palermo nel 1919. Nel 1934 esordì nel giornalismo collaborando con alcuni periodici come “Solaria”, “Il Lavoro”, “Letteratura”. Nel 1938 sposò Leone Ginzburg (antifascista, morto a Regina Coeli nel 1944) e nel 1950 il critico G. Baldini. Nel periodo fascista il suo salotto fu ricovero per molti avversari del regime. Esordì nel 1942 come scrittrice con la raccolta di racconti La strada che va in città, pubblicata con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte. Nel dopoguerra la sua produzione letteraria fu assai prolifica, come molto fattiva fu la collaborazione a giornali e riviste, fra cui si ricordano: “Il Politecnico” nel 1945, “TV Radiocorriere” nel 1957, “Il Mondo” nel 1961. Dal 1963 al 1987 lavorò per “La Stampa” e il “Corriere della Sera”.Scritti autobiografici: Lassico famigliare, Torino, Einaudi, 1999.Bibliografia: Maia Pflug, Natalia Ginzburg: una biografia, Milano, La Tartaruga (coll. Saggistica), 2004.
Donna di grande cultura, a quindici anni pubblicò il suo primo articolo per una rivista letteraria con lo pseudonimo Marta Grani. Seccesivamente collaborò a diversi giornali femminili sostenendo sempre con passione il tema dell’emancipazione femminile. Dopo il matrimonio con Cesare Sarfatti si trasferì a Milano aderendo al partito socialista e diventando amica di Anna Kuliscioff. Scrisse articoli su temi femminili e sull’arte in diversi giornali: “La difesa delle lavoratrici”, “La Voce”, l’”Avanti”, firmando come El Sereno. Negli anni dieci del Novecento nacque un forte legame ideologico e sentimentale con l’allora socialista Benito Mussolini. Insieme lavorarono a “Il Popolo d’Italia” e insieme fondarono nel 1919 il mensile letterario “L’Ardita” e nel 1922 la rivista politica “Gerarchia”. Quando Mussolini diventò presidente del Consiglio la loro relazione si deteriorò e la Sarfatti subì un periodo di grandi umiliazioni, ma continuò a collaborare con “Il Popolo d’Italia” al servizio esteri. In seguito alle leggi razziali si trasferì prima in America Latina e poi negli Stati Uniti. Rientrata in Italia alla fine del conflitto si ritirò a Como dovè si spense nel 1961.Bibliografia: Ph. V. Cannistraro, Brian R. Sullivan, Margherita Sarfatti. L’altra donna del Duce, Milano, Mondadori, 1993: A. Bozzoni, Margherita Sarfatti, organizzatrice di cultura, in M. Addis Saba La corporazione delle donne, Firenze, Vallecchi, 1988; S. Marzorati, Margherita Sarfatti, critica d’arte, in AA. Vv. , Donna lombarda (1860-1945), a cura di A. Gigli Marchetti e N. Torcellan, Milano, 1992; S. Urso, La formazione di Margherita Sarfatti e l’adesione al fascismo, in “Studi storici”, gennaio-marzo 1994.
Scrittrice di raccolte di poesie e di opere di narrativa fortemente impregnate di dannunzianesimo, ricche di sensualità e di desiderio di emancipazione. Scrisse anche per il teatro. Tra il 1907 e il 1909 ebbe un complesso rapporto amoroso con Guido Gozzano di cui resta testimonianza l’epistolario pubblicato nel 1951. Fondò e diresse la rivista “Seduzioni”, collaborò a “La Stampa”, “La Donna” di Torino, “La Lettura”, “Scena illustrata”.Scritti autobiografici: Lettere d’amore di G. Gozzano e A. Guglielminetti, Milano, Garzanti, 1951;
Bibliografia: Le donne italiane. Il chi è del 900, a cura di M. Mafai, Milano, Rizzoli, 1993;
Appartenente ad una famiglia dell’alta borghesia ebraica, convertita all’ortodossia, per motivi di studio nel 1871 si trasferì all’estero. Nel 1877 conobbe Andrea Costa, dal quale avrà una figlia; trasferitasi a Milano, nel 1885 diventò la compagna per la vita di Filippo Turati. La Kuliscioff ebbe grande influenza nella nascita del partito socialista italiano e nella fondazione della rivista “Critica sociale”. Nel 1898, in seguito ai moti milanesi, scontò otto mesi di carcere. Divenne famosa per la lotta da lei condotta incessantemente per l’emancipazione femminile, in particolare si battè per il voto alle donne, contro il parere del PSI e dello stesso Turati. Organizzò il I Congresso delle donne socialiste dal quale nacque l’Unione nazionale delle donne socialiste, associazione dotata di un proprio organo di stampa: “La difesa delle lavoratrici.”Bigliografia: L. Lilli, La stampa femminile, in Storia della stampa italiana, a cura di V. Castronovo e N. Tranfaglia, Roma-Bari, Laterza, 1976; Marina Addis Saba, Anna Kuliscioff: vita privata e passione politica, Milano, Mondadori, 1993; Franco Damiani, Fabio Rodriguez, Anna Kuliscioff: immagini, scritti, testimonianze, prefazione di Franca Pieroni Bortolotti, Milano, Feltrinelli, 1978; Maria Canalini, La signora del socialismo italiano, vita di Anna kuliscioff, Roma, Editori Riuniti, 1987.
Per trent’anni ha diretto il mensile Shalom, poi, passata alla narrativa, ha scritto numerosi libri per adulti e ragazzi . E’ inoltre autrice di testi teatrali ed originali radiofonici. Molte sue opere hanno come tema le persecuzioni antisemite e le conseguenze delle leggi antirazziali viste dai bambini e dai giovani.Scritti autobiografici: Una bambina e basta, Roma, 1994.Bibliografia: Commissione nazionale per la parità e la pari opportunità tra uomo e donna, E dicono che siamo poche…Scrittrici italiane dell’ultimo Novecento, di N. De Giovanni, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 2003;
Nel 1915 si trasferì a Firenze per frequentare gli studi superiori e universitari. Nel 1925 perse il padre morto a causa di una aggressione fascista. Laureatasi in lettere si dedicò all’insegnamento. Collaborò alla rivista “Solaria” e nel 1928 pubblicò il suo primo romanzo Tempo innamorato. Succesivamente collaborò alle riviste “Letteratura” e “Mercurio”. Nell’immediato dopoguerra fondò, insieme a Enrico Falqui, la rivista “Prosa”, che fu pubblicata per un breve periodo tra il 1945 e il 1946. Si trasferì poi a Roma dove collaborò alle pagine di moda de “Il Giornale d’Italia” e di “Oggi”. Più tardi, sulla rivista “La Fiera letteraria” tenne una rubrica fissa che firmò con gli pseudonimi Pamela e Vanessa. Altre testate con le quali ebbe rapporti furono “Tempo”, “Bellezza”, “Almanacco della donna italiana”. Nel 1971 vinse il Premio Campiello con Ritratto in piedi.Bibliografia: Dizionario generale degli autori contemporanei, Firenze, Vallecchi, 1974; M. Ceratto, Il chi è delle donne italiane 1945-1982, Milano, Mondadori, 1982; Dizionario della letteratura italiana del Novecento, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1992.
Compagna di Massimo Bontempelli, collaborò alla rivista letteraria “900” fondata dallo stesso. Dal 1929 al 1931 visse a Parigi dove frequentò l’ambiente degli intelletuali italiani, fra cui Pirandello. Nel 1931 si ebbe il suo esordio nella letteratura con la raccolta di racconti Decadenza della morte. Nel 1944, insieme a Bontempelli, Moravia, Savinio, Piovene, Maselli, fondò il settimanale “Città”. Dopo la guerra intraprese l’attività di pubblicista collaborando a “Spazio”, “Crimen”,, Epoca”, “Foemina”, “Mercurio”, “Noi donne” e con il settimanale del PCI “Vie Nuove”. Nel 1947, insieme ad altri intellettuali, diede vita al Premio Strega. Il suo scritto più famoso fu Nascita e morte di una massaia, edito da Bompiani nel 1945, nel quale narrò le sofferenze patite dalle casalinghe italiane durante la guerra.Scritti autobiografici: Io, Massimo e gli altri: autobiografia di una figlia del secolo, introduzione a cura di Maria Vittoria Vittori, Milano, Rusconi, 1995.Bibliografia: Chi è? Dizionario biografico degli italiani d’oggi, Roma, Scarano, 1948 e 1961; M. Ceratto, Il chi è delle donne italiane 1945-1982, Milano, Mondadori, 1982; E. Mondello, La nuova italiana. La donna nella stampa e nella cultura del Ventennio, Roma, Editori Riuniti, 1987; N. Di Giovanni, Carta di donna: narratrici italiane del Novecento, Torino, SEI, 1996.
Figlia di un medico, trascorse l’infanzia in Valtellina. Si trasferì in seguito a Torino dove diresse il giornale “Mondo Elegante”, collaborando anche al “Nuovo giornale illustrato”. Suoi lavori furono pubblicati sul giornale “L’Aurora” di Modena e su “Moda italiana”. Nei confronti della emancipazione femminile assunse sempre un atteggiamento molto moderato e conservatore. Si battè per il miglioramento dell’istruzione femminile, che riteneva cosa utile alle donne per meglio adempiere ai doveri coniugali. Fu molto amica di Adelaide Bono Cairoli alla quale dedicò alcune liriche. Non si conosce nulla dell’ultimo periodo della sua vita.Scritti autobiografici: Ore liete. Ricordi. Roma, 1880.Bibliografia: O. Greco, Bibliografia femminile italiana del XIX Secolo, Venezia, Issoglio, 1885; Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, a cura di R. Farina, Milano, 1995, Baldini & Castoldi; Clio, Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento (1801-1900), X vol., Milano, Editrice Bibliografica, 1991.
Dopo aver preso parte attiva alla resistenza, iniziò la carriera giornalistica scrivendo sull’”Unità”. L’oggetto dei suoi articoli fu principalmente la trattazione di argomenti relativi alla partecipazione femminile alla resistenza, argomento che fu oggetto anche delle collaborazioni con altre riviste. E’ conosciuta per la sua tenace campagna contro la costruzione della diga del Vajont, di cui denunciò incessantemente i rischi possibili, tanto da subire un processo per procurato allarme. Purtroppo i suoi timori, che erano anche quelli della popolazione locale, trovarono tragica conferma nella strage provocata dal crollo della diga avvenuto il 9 ottobre 1963. Nel 1992 è stata fondata l’Associazione culturale che porta il suo nomeScritti autobiografici; La casa sulla Marteniga, a cura dell’Associazione Tina Merlin, con la collaborazione dello scrittore Mario Rigoni Stern, Padova, Edizioni il Poligrafo, 1993.
Dopo la laurea in lettere moderne, nel 1977 iniziò la carriera giornalistica collaborando a Radio2 nella redazione della trasmisisone 3131, dal 1979 al 1986 fu inviata dell’”Espresso” occupandosi soprattutto di cultura e politica. Già vicedirettore di “Panorama”, fu anche collaboratrice del “Giornale” di Montanelli. Successivamente divenne inviata del “Corriere della Sera” ed editorialista de “La Repubblica”, collaboratrice di “Donna moderna”. Ha anche al suo attivo una lunga collaborazione a numerosi programmi televisivi. Moglie dell’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli.Scritti autobiografici: Diario di una mamma giornalista, Milano, Rizzoli, 2001; C’era una ragazza, Milano, Mondadori, 1999.
Di nobile famiglia, fu per elezione vicina ai contadini della sua terra friulana. Studiò da autodidatta inziando a scrivere qualche novella. Su sollecitazione di Francesco Dall’Ongaro, direttore del periodico “La Favilla” di Trieste, iniziò a collaborare con alcune riviste pubblicando novelle e racconti nei quali lamentava l’oppressione della sua gente da parte degli austriaci. Per questa sua attività letteraria e perché dava rifugio ai patrioti filoitaliani fu continuamente posta sotto sorveglianza dalla polizia. Intrattenne una fitta collaborazione con il “Crepuscolo” di Carlo Tenca e con la “Rivista veneta”, attraverso la quale si rivolgeva alle ragazze con intenti pedagogici. La Percoto fece conoscere al pubblico italiano il giovane Giovanni Verga per il quale curò la prefazione del romanzo Soria di una capinera. Scritti autobiografici: Alcune pagine della mia futura autobiografia, Trieste, 1869;Bibliografia: Grazia Livi, Caterina Percoto: stanza murata, in Da una stanza all’altra, Milano, Garzanti, 1984; F. Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all’Unità, in La stampa italiana del Risorgimento, a cura di V. Castronovo, N. Tranfaglia, Roma-Bari, Laterza, 1979; Bibliografia dei periodici femminili lombardi, a cura di R. Carrarini, M. Giordano, Milano, Editrice Bibliografica, 1991.
Dopo gli studi a Venezia, in seguito alla morte del padre, si trasferì con la famiglia a Roma dove nel 1892 sposò Giuseppe Emanuele Rosselli. Nel 1898 pubblicò il primo lavoro teatrale “Anima”, al quale ne seguiranno diversi altri. Fu scrittrice di successo di novelle e racconti per ragazzi. Collaborò al “Marzocco”, punto di riferimento degli intellettuali ebrei in Italia. Nel 1899 e nel 1900 diede alla luce Carlo e Nello Rosselli, assassinati per la loro intransigenza contro il fascismo. Si battè per i diritti delle domestiche al fine di garantire loro una forma di previdenza e per accrescere la formazione professionale nel mondo femminile. Scrisse numerose recensioni per la rivista della marchesa Maria Bianca Viviani della Robbia “Società degli amici del libro”. L’editore Le Monnier le affidò la direzione della collana “Biblioteca delle giovani italiane”. Nel dopoguerra impegnò tutte le energie per difendere la memoria dei figli.Scritti autobiografici: Memorie, a cura di Marina Calloni, Bologna, Il Mulino, 2001; I Rosselli: epistolario familiare di Carlo, Nello, Amelia Rosselli 1914-1937, a cura di Zeffiro Ciuffetti, introduzione di Leo Valiani, Milano, Mondadori, 1997; (1931-1954) Amelia Rosselli. Lettere a Laura Orvieto. Fondo Angelo e Laura Orvieto, Gabinetto Vieusseux”, Archivio contemporaneo Bonsanti, Firenze.
Si laureò in filosofia nel 1946 e diventò presto funzionario di punta del partito comunista italiano. Collaborò a quotidiani e riviste legate al PCI come “l’Unità”, “Rinascita”, “Il Contemporaneo”. Nel 1969, con Macri, Parlato, Castellina, Pintor e altri, si staccò dal partito per dar vita al giornale “Il manifesto”, del quale fu direttore fino al 1989, unico caso nella storia del giornalismo italiano in cui la direzione di un quotidiano sia stata affidata ad una donna. Dopo di allora la sua collaborazione con il giornale non si è mai interrotta.Scritti autobiografici: Anche per me. Donna, persona, memoria dal 1973 al 1986, Milano, Feltrinelli, 1987, pp. 208.Bibliografia: M. Ceratto, Il chi è delle donne italiane 1945-1982, Milano, Mondadori, 1982; M. G. Tajè, Giornalismo, in Le donne italiane. Il chi è del Novecento, a cura di M. Fafai, Milano, Rizzoli, 1993.
Per tutta la vita scrisse e si battè per il miglioramento della condizione delle donne, soprattutto per le appartenenti alle classi meno abbienti. Collaborò ai periodici locali come “Il Vessillo bianco”, “Il Berico”, “Pensiero e azione”. Nel 1908 fondò il giornale “La donna e il lavoro”, che in seguito mutò il titolo in “Problemi femminili”, rivolto a tutte le donne in generale. Il regime fascista la costrinse a interrompere l’atttività giornalistica. Si dedicò anche alla narrativa utilizzando gli pseudonimi Lucilla Ardens e Maria Pasini.Scritti autobiografici: Un piccolo mondo cattolico, ossia episodi e critiche pro democrazia e femminismo, Rocca di San Casciano, 1908.Bibliografia: Dizionario storico del movimento cattoico in Italia 1860-1980, Alessandria, Marietti, 1984.
Conseguito il diploma magistrale, fu impiegata per due anni al telegrafo. Iniziò presto a pubblicare i suoi primi racconti sul periodico milanese “La Farfalla”, rivista ufficiale del verismo italiano. Dedicatasi al giornalismo, fu redattrice del “Corriere del mattino” di Napoli, poi a Roma del “Capitan Fracassa”, nonche di altri periodici. Nel 1885 fondò, con il marito Edoardo Scarfoglio, il “Corriere di Roma” e nel 1888 il “Corriere di Napoli” che nel 1892 , dopo la fusione con il “Corriere del mattino”, divenne “Il Mattino”. Separatasi dal marito, nel 1904 fondò “Il Giorno”, che diresse fino alla morte. Grazie alla sua vivace attività letteraria (scrisse oltre quaranta libri) divenne presto famosa nel mondo intellettuale italiano. Notissima fu la sua rubrica Api, mosconi e vespe, che fece comparire in tutti i suoi giornali.Con essa seppe instaurare un rapporto, durato oltre quarant’anni, molto intenso e partecipato con le sue lettrici. La rubrica si occupava di nozze, fidanzamenti, lutti, poesia, teatro, annunci amorosi, senza però trascurare le rivendicazioni sociali.Scritti autobiografici: Memorie giovanili autobiografiche, racolte di Onorato Roux, Firenze.Bibliografia: T. Rovito, Dizionario dei letterati e giornalisti italiani, Napoli, Tip. Melfi e Gioele, 1907; L. Lodi (Il Saraceno), Giornalisti, Bari, Laterza 1930; F.Barbagallo, Il Mattino degli Scarfoglio, Milano, Guanda, 1979; G.Infusino, Matilde Serao tra giornalismo e letteratura, Napoli, Guida editori, 1981; W. De Nunzio Schilardi, Matlde Serao giornalista, Lecce, Milella, 1986; M. De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992.
Conosciuta con lo pseudonimo di CordeliaProveniente da una famiglia di librai, nel 1871 sposò Giuseppe Treves, noto editore milanese. Per anni diresse la rivista “Margherita”, periodico borghese fondato nel 1878, sul quale pubblicò a puntate Prime battaglie. Memorie di una donna, opera che ebbe un grande successo. Diresse anche “Il Giornalino dei fanciulli” e collaborò a “La Donna”. Scrisse numerosi racconti, romanzi e libri per ragazzi. Fu sempre attratta dalle tematiche relative al miglioramento della condizione femminile, sostenne sempre il diritto delle donne a un lavoro dignitoso.Scritti biografici: Prime battaglie. Memorie di una donna. Milano, Margherita, 1878.
Bibliografia: M. De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, laterza, 1992; Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, a cura di R. Farina, Milano, Baldini & Castoldi, 1995.
Conosciuta con lo pseudonimo di Marchesa Colombi.Da Novara, nel 1865 si trasferì a Milano dove conobbe e sposò Eugenio Torelli Violler, fondatore e primo direttore del “Corriere della Sera”, giornale al quale collaborò lei stessa. Esordì nel giornalismo nel 1869 sulla rivista “Il Passatempo” e nel 1970 su “La Donna”. Insieme ad Annamaria Mozzoni, nel 1870, utilizzando la sua posizione di giornalista, iniziò una fervente attività di propaganda a favore del movimento femminista lombardo. Fu scrittice di numerose opere letterarie di carattere verista e di letteratura per l’infanzia. Sua fu la rubrica di costume e società Colore del tempo apparsa sulle pagine del settimanale femminile “Vita intima”.Bibliografia: Cometto Maria, La Marchesa Colombi: la prima giornalista del “Corriere della Sera””, Torino, B.L.U., 1996.
Cristina Trivulzio, di nobili origini, crebbe in un ambiente familiare permeato da idee liberali e da sentimenti antiaustriaci. Nel 1824 sposò il principe Emilio Barbiano di Belgioioso dal quale si separò quattro anni dopo. Mentre si trovava in Svizzera seppe di essere ricercata dalla polizia austriaca per cospirazione e decise allora di trasferirsi a Marsiglia, dove incontrò e appoggiò finanziariamente Giuseppe Mazzini. Condannata dal governo austriaco per tradimento, subì il sequestro di tutti i beni, costringendola a vivere in stretta povertà alla periferia Parigi. Si risollevò finanziariamente quando le venne proposto di scrivere di questioni italiane sul giornale parigino “Costitutionnel”. Rientrata nella piena disponibilità dei suoi beni, aprì a Parigi un salotto che divenne presto un centro di attrazione per intellettuali francesi e patrioti italiani. Rientrata in Italia, nel 1840 aprì un asilo infantile nel suo castello di Locate, iniziativa che fu fortemente criticata perché giudicata sovversiva per l’ordine sociale; Cristina rispose ampliando ancor più il suo impegno verso le classi meno abbienti. Tornò a soggiornare ancora a Parigi dove finanziò il giornale “La gazzetta italiana”, che nel 1846 cambiò titolazione in“Ausonio”; in questo giornale vennero commentate le difficili condizioni vissute dalle donne nell’ambiente agrario lombardo. Nel 1848, fondò e diresse il giornale politico “Il Crociato” dalle cui pagine lanciò una campagna propagandistica per la fusione tra Piemonte e Lombardia. Delusa dalla infelice conclusione della stagione politica del 1848, ritornò a vivere in Francia dove cercò di spiegare ai francesi i motivi di quel fallimento scrivendo sulle pagine della “Revue des Deux Mondes”. Poco dopo intraprese un lungo viaggio verso i paesi del Vicino Oriente le cui esperienze furono raccontate nel suo libro Asie Mineure et Syrie (1858). Ritiratasi a Locate si dedicò agli studi storici e sociali e al giornalismo, collaborando con “La Perseveranza”.Scritti autobiografici: Asie Mineure et Syrie, Paris, Michel Lévi Frères, 1858 ; Souvenirs dans l’exil, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1946 ; Ricordi dall’esilio, Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline, 1978.Bibliografia: Giulio Caprin, Donna, più che donna, Garzanti, Milano, 1946; Charles Neilson Gattey, Cristina di Belgioioso, traduttrice Grazia Lanzillo, Firenze, Vallecchi, 1974; Arrigo petacco, La principessa del Nord, Milano, Rizzoli, 1992; Mino Rossi, Principessa libertà, Ferrara, Tufani, 2006.
E’ conosciuta anche con lo pseudonimo di Orsola Nemi.Scrittrice e traduttrice, fu sposa dello scrittore americano Henry Furst, corrispondente per l’Italia del “New York Times”. Iniziò l’attività giornalistica, informa saltuaria, nel 1938 al “Giornale di Genova”, per diventarne nel 1941collaboratrice stabile con la pubblicazione dei due racconti al mese, nonché reponsabile della pagina letteraria. Nel 1941 Bompiani la chiamò nella redazione del “Dizionario delle opere e dei personaggi”. Dopo un periodo di collaborazione nella casa editrice Longanesi, nel 1949 iniziò a collaborare con “La Gazzetta del Popolo”, successivamente con “Il Messaggero”, “Il Borghese”, “Oggi”, “L’Europeo”. Nel 1958 vinse il Premio femminile Bagutta, che rifiutò perché contraria alla distinzione tra letteratura maschile e femminile.Scritti autobiografici: Taccuino di una donna timida 1955-1965, Milano, Edizioni del Borghese, 1969.
Bibliografia: Dizionario degli autori contemporanei, Firenze, Vallecchi, 1974; Dizionario della letteratura italiana del Novecento, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1992; Il chi è delle donne italiane 1945-1982, Milano, Mondadori, 1982.
Figlia di un garibaldino rifugiatosi a Londra, per il suo carattere avventuroso ebbe una vita errabonda. Sposatasi con un giornalista irlandese, visse per qualche tempo negli Stati Uniti, mantenendo sempre una affettuosa amicizia con il Carducci, conosciuto e frequentato in precedenza. Era stato lo stesso Carducci a lanciarla nel campo letterario srivendo un saggio critico sulla sua raccolta di poesie Liriche. Tornata in Italia si stabilì a Napoli per studiare lettere e canto, esibendosi successivamente come cantante in diverse località delm. Scrisse drammi teatrali in lingua inglese che vennero rappresentati anche all’estero. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu inviata al fronte per il periodico “La Donna”.Scritti autobiografici: Marion artista di caffè concerto, Milano, Mondadori, 1934.Bibliografia: C. Villani, Stelle femminili. Indice storico bio-bibliografico; Napoli, Aldina, 1915; Enciclopedia biografica e bibliografica. Poetesse e scrittrici, serie VI, a cura di M. Bandini Buti, Tosi, Roma, 1941-42; Benedetto Croce, La Contessa Lara –Annie Vivanti, in La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, II, Bari, Laterza, 1943, M. De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992; La donna italiana. Il chi è del 900, a cura di M. Mafai, Milano, Rizzoli, 1993:
Nota con lo pseudonimo di Neera.Scrittrice di carattere tardo-romantico, la sua narrativa fu sempre imperniata sulla condizione della donna nella società. Nel 1871 sposò Adolfo Radius che la introdusse nel mondo letterario entrando così in contatto con numerosi e importanti scrittori fra cui Fogazzaro, Verga, Capuana. Nel 1875, con lo pseudonimo di Neera, iniziò a pubblicare le sue novelle su diversi giornali e riviste. Ebbe collaborazioni con “Il Pungolo”, “Fanfulla”, “Il Giorno”, “Il Corriere della Sera”, “La Donna”, “Il Bersagliere”, “Corriere del Mattino”, “Corriere di Napoli”. Nel periodo 1890-91 fu una delle principali animatrici del settimanale femminile “Vita intima”.Scritti autobiografici: Autobiografia, Torino-Roma, Roux, 1891; Una giovinezza del XX secolo (postumo, 1980).
Bibliografia: E. Mondello, La nuova italiana. La donna nella stampa e nella cultura del ventennio, Roma, Editori Riuniti, 1987; M. De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Costumi culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992; Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, a cura di R. Farina, Milano, Baldini & Castoldi, 1995.
Nel 1794 diede vita a un proprio circolo culturale in Svizzera ospitando i maggiori intellettuali dell’epoca. Con il nome di Madame de Stael intraprese una fervida carriera letteraria. In Italia partecipò al dibattito tra classicisti e romantici pubblicando sul primo numero della “Biblioteca italiana” un articolo dal titolo Sulla maniera e sulla utilità delle traduzioni, nel quale criticava i classicisti per la loro staticità nelle tematiche ormai vecchie e ripetitive.Scritti autobiografici: Corinna e l’Italia (1807)Bibliografia: Ghislain De Diesbach, Madame De Stael, Mursia, 1991, pp. 576; Bice Gurgo, Madame De Stael, Coop. Editrice Libraria, 1940, pp. 230.
Note bibliografiche: George De Sand, André Maurois, “Lelia”: la vita di George Sand”, traduzione dal francese di Ton Antogini, Milano, Rusconi, 1978, pp. 593.
Note bibliografiche: “Diario di una scrittrice”, Milano, Mondadori, 1959, pp. 472; Virginia Woolf Quintinn Bell, “Virginia Woolf” Milano, Garzanti, 1979, pp. 555.