Colombia: i desaparecidos sono 80.514

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Il 30 agosto è la Giornata delle persone fatte scomparire, ovvero il Día Internacional de la Desaparición Forzada. Il Centro nacional de memoria historica della Colombia, la più autorevole istituzione che indaga sulla guerra civile che ha inseguito (e insanguina, in parte) il Paese dalla fine degli anni Cinquanta, ha pubblicato, per l’occasione, un dettagliatissimo dossier sulle sparizioni forzate. Secondo l’Observatorio de Memoria y Conflicto del Centro Nacional de Memoria Histórica (CNMH), la guerra tra 1958 e luglio 2018, il totale dei desaparecidos è di 80.514 persone, delle quali, 70.587 mai più trovate (nel senso che non sono stati trovati neanche i resti). Non solo, alcune vittime sono “scomparse più volte”. Non è una boutade, bensì una tragica evidenza: non soltanto le famiglie hanno tardato anche 15 anni per ritrovare i corpi (quando li hanno ritrovati), ma spesso a sparire sono stati, in seguito, anche i resti. Spesso i tentativi dei parenti di seppellire le vittime si è banalmente infranta contro il muro della burocrazia.

VEDI IL DOSSIER DEL CNMH: CAQUETÁ: UNA AUTOPSIA SOBRE LA DESAPARICIÓN FORZADA

I desaparecidos di Albania

Il Dossier del Cnmh si concentra su un caso particolare. L’indagine iniziò nel 2013 e la presenza del Cnhm ha contribuito al recupero e all’identificazione di 13 dei 14 desaparecidos di Albania, in Caquetá, un dipartimento del Sud della Colombia, nel 2001. «La presenza del CNMH», spiegano i suoi investigatori, «ha permesso di ricostruire i fatti, ascoltando i protagonisti. Hanno parlato i corpi, le famiglie, la comunità, i funzionari, i responsabili, il territorio stesso». Uno dei casi è quello di Tito Martínez, scomparso a 20 anni, 17 anni fa: il corpo è stato ritrovato dopo  15 anni dopo che era morta anche la madre che l’aveva cercato disperatamente. Dopodiché è riscomparso nelle pieghe delle istituzioni. Perché non venga dimenticato ancora i suoi fratelli hanno piantato un albero e messo una targa con il suo nome nel Bosque de Paz, in Bosco di Pace, di Bogotá. È una forma di resistenza. Perché ovviamente anche “l’oblio forzato” è una violenza.

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