Così l’America fece propaganda “a fumetti” durante la Seconda guerra mondiale

Fumetto e cinema, in evidenza • Visualizzazioni: 12560

 

Top Notch Comics

 

di Alex Miozzi

Allo scoppio del Secondo conflitto mondiale, l’Italia, la nazione che più di ogni altra aveva dedicato probabilmente la maggiore attenzione al fumetto popolare, fallì miseramente il proprio obiettivo. Proprio per avere pigiato troppo l’acceleratore sul pedale della propaganda, il regime ottenne l’effetto opposto, assistendo dal 1940 via via la chiusura della maggioranza delle testate, non prima di avere registrato accorpamenti, come per esempio avvenne per gli albi Mondadori.

Al contrario, gli Stati Uniti, prima di allora, con i loro magazine a fumetti, avevano soltanto vagamente accennato a possibili scontri militari. Era stato il caso della potenziale invasione del tiranno extraterrestre Ming contro cui si batteva il terrestre Flash Gordon. Tuttavia, dal 1940, data anche l’alleanza con la Gran Bretagna, gli USA iniziarono un’opera di propaganda anche prima della propria entrata in guerra, che seguì l’attacco giapponese a Pearl Harbour, il 7 dicembre 1941.

Se già allora si poteva considerare il fumetto americano come moderno, perfino rispetto agli attuali canoni, dal citato Flash Gordon a Mandrake fino a l’Uomo mascherato, altrettanto non si poteva dire di quello italiano. Quest’ultimo, a discapito di una qualità grafica spesso altrettanto pregevole, dal 1936 si appiattì sulle tematiche propagandistiche imposte dal fascismo, con un’ulteriore accelerazione nel 1938. L’esigua sostanza degli intrecci narrativi, e la debolezza dei personaggi, lo portò a essere snobbato perfino dai propri lettori più piccoli, con conseguente calo di vendite, e successivo tracollo.

Topolini e supereroi

Negli Stati Uniti si assistette addirittura a una rinascita del fumetto all’insegna della propaganda bellica. In questo caso è però necessario distinguere il fumetto per bambini, che vide in prima linea Mickey Mouse e i personaggi Disney da quello dei supereroi.

Premesso che la Disney, come le altre factories, intraprese questo tipo di militanza bellica inizialmente in maniera quasi obbligata, e poi spinta motu proprio da parte dello stesso patron Walt Disney (il cui nazionalismo si farà sentire altrettanto pesantemente solo qualche anno dopo durante la cosiddetta Guerra fredda), qui ricorderemo soltanto qualche esempio di produzione fumettistica, benché ne esista anche una ben più importante di tipo cinematografico, con svariati cortometraggi animati.

Topolino contro il Terzo Reich

In “Un’avventura di guerra”, scritta da Bill Walsh e disegnata da Floyd Gottfredson, all’inizio di un felice quanto memorabile tandem creativo, il più celebre topo viene arruolato come agente segreto, con l’obiettivo di pilotare il prototipo di un velivolo dell’aviazione statunitense, “The Bat” (“Il Pipistrello” o “Il Falco” nella prima versione italiana), per capovolgere le sorti della guerra. 

Topolino

In questa storia l’antagonista era il solito (povero) Gambadilegno,  questa volta spia del Terzo Reich, affiancato dal suo complice Von Weasel (qui tradotto Von Dönnol). Un’efficace quanto divertente satira che culminava con un distruttivo bombardamento dei nemici, la sconfitta di Gambadilegno e il ritorno di Topolino da eroe.

Si narra che quando Hitler lesse questa storia si infuriò così tanto da costringere l’alleato Mussolini a bandire totalmente ogni fumetto Disney anche in Italia.

Supereroi contro il nazismo

Il primo fumetto in cui apparve chiaramente una svastica nazista in copertina è il numero due del “Top Notch Comics” del gennaio 1940, pubblicato dalla casa edtrice MLJ (la futura Archie Comics). Come già detto, si tratta di propaganda pre-bellica, poiché gli USA non erano ancora entrati in guerra. In quel periodo esordì il personaggio di Sub-Mariner, sovrano di Atlantide, su Marvel Mistery Comics n° 4, signore dei mari e fino ad allora nemico dell’umanità, che però adesso, schierandosi dalla parte giusta, si scagliava contro gli U-Boot tedeschi. Ne riparleremo.

 

Sub-Mariner

Durante il 1941, specie per gli USA, la Timely, casa editrice di Martin Goodman, era già in prima fila nello sforzo propagandistico, parteggiando per la fazione americana interventista, e si assistette alla nascita del personaggio probabilmente più celebre nella propaganda bellica anti-nazista: Capitan America. Scritto da Joe Simon, giovane direttore della Timely, e disegnato dal quasi venticinquenne Jacob Kurtzberg, al secolo Jack Kirby, in seguito soprannominato non a caso “The King of Comics”, è ancora oggi memorabile la copertina in cui l’eroe americano prende a pugni Adolf Hitler.

Capitan America prende a pugni Hitler.

Da quel momento, si registra la presenza di squadre di combattenti, dai Daredevils, editi dall’editore Lev Gleason, ai Giovani alleati (Young Allies), con “Bucky” Barnes, braccio destro di guerra Capitan America, e di Toro, una giovanissima torcia umana, partner della prima Torcia Umana, uno dei primi androidi della storia del fumetto (20 anni prima di quella più celebre dei Fantastici Quattro).

 

Young Allies

Nell’estate del 1941 uscì il primo numero di All Winners Comics, con storie di Capitan America, della Torcia Umana dell’epoca e di Sub-Mariner contro i nazisti, con intrecci narrativi assolutamente avvincenti. Inoltre, il gruppo della Sentinelle della libertà, create da Simon & Kirby, comparvero nelle pagine della testata Capitan America, ma ben presto ne ottennero una autonoma. Per dovere di cronaca, va detto che nel 1969 questi personaggi faranno parte di un reboot che prenderà in nome di “Invasori” (The Invaders), con quasi gli stessi protagonisti. Inoltre, nel 1942, fece capolino anche un primo Capitan Marvel, un forzuto dai capelli neri, forse troppo simile a Superman, anch’egli dotato di superpoteri, che combatteva tra i soldati, di carta, in prima fila.

Il ruolo della DC Comics

Dall’altro versante, la Dc Comics, factory di Superman e Batman, rimase inizialmente neutrale, ma quando gli Stati Uniti entrarono in guerra si schierò anch’essa tra le case editrici di propaganda. Joe Simon e Jack Kirby, cacciati dalla Timely, nel 1942 crearono per loro i Boy Commandos, riciclando l’idea, evidentemente vincente, di un gruppo di agguerriti ragazzini, privi però di superpoteri, che combattono contro i nazisti, conquistando così il primato di fumetto DC più venduto.

Dal 1942 e il 1943, troviamo anche Batman e Robin, e Superman, che rendono omaggio a Esercito e Marina statunitense, indicando soldati e marinai come i veri eroi. Menzione d’onore anche per Wonder Woman, prima vera supereroina donna, dotata di superpoteri, che fronteggia da sola le armate dell’Asse.

 

Wonder Woman

Superman, invece, ancora oggi testa di serie tra le glorie DC Comics, lo troviamo da prima a sbatacchiare per bene sia Hitler che Stalin, a seguito dell’invasione delle repubbliche baltiche, e poi che nuota, piuttosto adirato, contro un U-Boot tedesco dopo che quest’ultimo ha affondato un convoglio alleato.

 

Superman

Al termine della guerra, ragionevolmente, questa spinta propulsiva si esaurì, mentre alcuni di questi stessi personaggi vennero impiegati, peraltro piuttosto male, contro il nuovo nemico dell’America, il comunismo. Tra scarsi risultati narrativi e una fiacca presa sui lettori, molte di queste testate chiusero i battenti, inclusa quella di Capitan America.

Il nuovo filone, che a breve quasi tutti gli editori avrebbero cavalcato per decenni, sarebbe stata la fantascienza.

Per ironia della sorte, la Timely Publications, meglio nota negli anni Cinquanta del Novecento come Atlas Comics, venne definitivamente denominata Marvel nel 1961, quando esordì la serie Fantastic Four (I fantastici quattro), guidata dal nipote di di Martin Goodman, Stanley Martin Lieber, al secolo il sorridente (“the Smilin”) Stan Lee, celebre quanto indiscusso reinventore del fumetto supereroistico.

Tra i nuovi gruppi di supereroi, nel 1963 furono creati gli Avenger (i Vendicatori), ideali continuatori degli eroi che, sulla carta, combatterono l’Asse, tant’è che tra le loro fila militava anche Namor Sub-Mariner (a sua volta, in qualche modo, ritrovato un anno prima, tra gli homeless newyorkesi proprio dalla Torcia umana dei Fantastici quattro). Nel numero del 4 marzo del 1964, tra i ghiacci dell’Alaska, proprio gli Avengers ripescarono, ibernato, il corpo di Capitan America.

 

The Avenger, il fumetto

Un esperimento editoriale, questo, a metà strada tra l’omaggio di un vecchio eroe popolare, che riprendeva a combattere per la giustizia, e un vero e proprio azzardo, che però avrebbe in larga parte contribuito al successo della cosiddetta Silver Age del fumetto statunitense, e oltre.

 

The Avenger, il film (2012)

Ma questa è un’altra storia. Ancora aperta al cinema.

 

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