di Maurizio Disoteo
Il momento più compiuto di riflessione su noi stessi è la scrittura autobiografica, esercizio di memoria e di riflessività, ma anche di soggettività perché decidiamo cosa e come narrare della nostra vita. In realtà, l’autobiografia è però un complesso contenitore pluribiografico in cui è possibile distinguere diverse autobiografie interagenti tra loro che riguardano ciascuna un aspetto della vita. Per questo possiamo parlare di autobiografia professionale, affettiva, religiosa, politica, sportiva….
Tra le diverse possibili autobiografie, da ormai oltre vent’anni si discute anche di autobiografia musicale che riguarda chiunque e che tutti gli uomini e tutte le donne possono scrivere anche se non hanno nella musica un ambito di realizzazione professionale. Si tratta di una prospettiva che ha trovato spazio nelle riflessioni condotte nell’ambito della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari.
La musica scrive la vita (Mimesis edizioni-Quaderni della LUA, 2022) è un testo che ho dedicato a coloro che desiderano riflettere sulla loro esperienza musicale ricercandovi degli eventi o delle associazioni con fatti che hanno marcato la loro storia di vita. Ciò non significa soltanto ricordare superficialmente qualche musica associata a momenti particolarmente felici o al contrario drammatici, ma prendere coscienza che le frequentazioni musicali, i passaggi nei gusti attraverso i diversi generi, i vari atteggiamenti e le scelte verso la musica si legano ai nostri cambiamenti cognitivi e ai nostri bisogni sia interiori che sociali. Infatti, il rapporto con la musica è espressione della nostra soggettività che tuttavia si dispiega nelle relazioni sociali che viviamo e instauriamo attraverso la musica. Peraltro la musica, anche se immateriale, può avere il ruolo di oggetto autobiografico: l’ascolto di una musica può attivare la memoria e dar vita alla narrazione di sé. Non è un caso che Proust, l’autore della memoria per eccellenza, abbia dedicato tanta attenzione alla musica.
La musica suggerisce
Un’altra ragione per cui la musica è tanto importante nella scrittura autobiografica è il suo modo di significare. La musica –ha scritto il filosofo Jankélévitch- non dice, ma suggerisce. Il senso e i significati trasmessi dalla musica non sono univoci ma hanno un carattere d’ambiguità e siamo quasi sempre costretti a fare una scelta tra di essi e a chiedercene le ragioni, che stanno probabilmente nella nostra storia, nei nostri vissuti e non da ultimo nelle emozioni che sono alla base dell’esperienza musicale. La musica può essere quindi momento di autoriflessività e di conoscenza di se stessi e sostenere la scrittura autobiografica, in cui peraltro operiamo sempre delle scelte decidendo di raccontare quegli eventi della vita che vogliamo ricordare e nelle forme che decidiamo, omettendo quelli che invece preferiamo tralasciare.
L’autobiografia musicale è democratica
Infine, solo in ordine di esposizione, il valore democratico dell’autobiografia musicale che invita tutti a prendere la parola sulla musica, su come la si vive, ascoltando, suonando, cantando e ballando e non lasciando la parola solo agli “esperti” come è stato per troppo tempo in cui l’esperienza musicale della gran parte delle persone non era considerata pertinente alla musicologia. Per questa ragione, ho voluto articolare il mio lavoro partendo da alcuni inviti alla riflessione per gli aspiranti autobiografi musicali, sollecitandoli a dotarsi di penna e quaderno per raccontare la loro storia di vita in musica e solo in un secondo momento ho chiamato a testimoni semiologi, musicologi e compositori per dare un loro punto di vista su una possibile autobiografia musicale. Ciò ricordando Claude Debussy che aveva posto i titoli dei suoi Preludi solo alla fine di ciascuno di essi, come a suggerire una propria lettura dopo che l’ascoltatore o il pianista aveva già formulato la sua.
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