Adagio: la Roma disperata di Stefano Sollima

Fumetto e cinema, in evidenza • Visualizzazioni: 356

Roma brucia, la campagna che circonda la città è devastata da un incendio che assedia i sobborghi e che a ripetizione manda in tilt la rete elettrica; è un anello di fuoco che illumina il buio della sera e i canadair sorvolano le case mentre gli antifurto delle auto squarciano il clima rovente dell’estate. È Adagio di Stefano Sollima.

di Carlo Rotondo

La trama
Manuel è poco più che un adolescente, vive insieme al padre, in un appartamento della periferia sul quale incombono i cavalcavia del Grande Raccordo Anulare, il suo nome è Daytona, un ex capo banda della criminalità romana, all’apparenza seminfermo e catatonico davanti al televisore. Manuel si sta preparando per uscire; col motorino raggiunge la sua destinazione e si infila nel portone di un palazzo storico del centro. Una discoteca al suo interno, un locale privato frequentato da gay; il salone è pieno di gente, il livello dei decibel è altissimo e le luci psichedeliche corrono sulle figure che sembrano muoversi a scatti, come tanti robot. Fra i molti ragazzi, alcuni adulti, dal trucco pesante e seminudi. Manuel ne cerca uno in particolare e lo trova, si avvicina, scambia qualche battuta allusiva, forse un appuntamento in un luogo appartato, intanto, scatta una foto e la invia, ma ad un tratto scorge nel locale le telecamere interne in funzione; si spaventa, scappa.

Corre per la città col suo motorino, capisce di essere inseguito, cerca un rifugio, ma a casa non può tornare, il padre non deve sapere nulla. Soprattutto di essere stato colto in flagrante dai poliziotti durante una prestazione sessuale con un cliente per strada. Lo ricattano e in cambio del silenzio gli hanno chiesto di incastrare un politico, per conto dei suoi avversari. La fuga di Manuel, la sua paura, diventa la paura dei poliziotti che temono una denuncia.

È una caccia all’uomo e Manuel cerca protezione, innanzitutto dagli ex complici del padre, trova un rifugio temporaneo da “Paul Newman” che però non può fare molto, è cieco, vive solo in casa e sospetta a ragione che abbiano inseguito il ragazzo e ne pagherà le spese. Lo indirizza a sua volta da Cammello, della stessa banda, da poco uscito di prigione, che cerca di rifarsi una vita con la sua compagna. Il rapporto non è dei migliori, sembra che il padre di Manuel, Daytona sia stato causa indiretta dell’uccisione del figlio durante una rapina, ma tant’è, Manuel non ha alternative, non sa dove nascondersi e a Cammello forse ricorda un po’ il figlio perso.

In poco meno di ventiquattro ore, in un groviglio di sentimenti, tra complicità e vecchi rancori, cupidigia e desiderio di rivalsa, si dispiega il destino di un gruppo di criminali fino alle estreme conseguenze, dove nel ribaltamento dei ruoli tra buoni e cattivi, Manuel rischia di rimanere schiacciato.

Il cast
Un cast tutto italiano, attori tra i migliori dell’attuale schiera di artisti che possiamo vantare nel mondo: Toni Servillo, Pierfrancesco Favino e Valerio Mastandrea, oltre a una serie di comprimari di prima scelta e un montaggio serrato che crea il sostrato sul quale i personaggi possono dispiegare al meglio il loro carattere.

Stefano Sollima con Adagio sembra quasi voler chiudere un ciclo, rispetto alle regie delle serie tv Gomorra e Suburra, e dopo aver narrato la criminalità al suo apice di potenza e dominio, sceglie un punto di vista insolito e ci racconta i suoi protagonisti al loro epilogo, sopravvissuti a se stessi, invecchiati male e deprivati di tutto, ma ancora in grado di realizzare un’ultima impresa e chiudere in bellezza.

Carlo Rotondo

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